Condizioni inumane e degradanti – Sentenza Györgypal c. Romania, 26 marzo 2013
Scontare la propria pena in carcere in appena 2 mq (per persona) in Romania è abbastanza normale: in questa sentenza i retroscena raccapriccianti della vita in cella raccontati da un detenuto.
IL CASO – Gavril Györgypal vive attualmente a Budapest, è un cittadino nato in Romania appartenete alla minoranza ungherese. Nel 2006 viene sottoposto a custodia cautelare dalla polizia rumena per 29 giorni, poiché sospettato d’essere un trafficante di droga. Il 27 gennaio del 2007 la Corte Distrettuale condanna il sig. Györgypal a dieci anni di carcere; quest’ultimo presenta ricorso in Appello, e successivamente un altro ricorso in Cassazione, in quanto sostiene di non esser stato assistito da un interprete durante l’udienza del 23 marzo presso la Corte d’Appello.
Ma la Corte di Cassazione respinge il ricorso. Segue poi il processo penale, i Pubblici Ministeri rinviano a giudizio Györgypal per il medesimo reato, confermato nei precedenti gradi di giudizio, gli viene irrogata infatti una pena detentiva di sette anni.
Per il ricorrente iniziano dei giorni difficili per via delle condizioni di estremo degrado in cui versano le carceri rumene.
Dapprima viene portato nel carcere di Miercurea Ciuc, dove è costretto a convivere insieme ad altre venticinque persone in una cella di 30 mq, sporca, con un’illuminazione insufficiente, e per giunta con il riscaldamento funzionante solo per tre ore al giorno. Viene poi trasferito nel carcere di Bucarest-Jilava e, stando alla denuncia del ricorrente, le celle erano infestate da pidocchi cimici e ratti.
IL GOVERNO – Per il Governo rumeno invece, nelle rispettive carceri sono state rispettate in ogni tempo tutte le misure igienico sanitarie per garantire ai detenuti una vita dignitosa. Il Governo ci tiene a sottolineare con dovizia di particolari ogni singola pratica: dalla disinfestazione degli impianti sanitari con cloro e calce, alla disinfestazione per i topi con una cadenza trimestrale effettuata d imprese specializzate, giusto per citarne alcune.
Per quanto riguarda la cubatura delle celle, dai dati forniti, il ricorrente, nel carcere di Miercurea Ciuc è stato detenuto in due celle rispettivamente di 39,50 mq con 24 posti letto, e 20,42 mq con 12 posti letto.
E non si stava poi così male, infondo i detenuti “beneficiavano dell’acqua calda due giorni alla settimana, e durante l’inverno venivano distribuite delle coperte”. Insomma secondo Bucarest, il sig. Györgypal, non aveva proprio di che lamentarsi. Ma contrariamente a quest’ordine di pensiero Györgypal, non solo si lamenta, ma ricorre anche in Corte EDU.
LA CORTE EDU – il sig. Györgypal si rivolge dunque in Corte EDU per denunciare, non solo i trattamenti inumani e degradanti che ex art.3 CEDU avrebbe subito durante il periodo di detenzione, ma anche il mancato affiancamento di un interprete durante il processo in virtù dell’art.6.3 CEDU.
Procedendo per ordine, e dunque alla disamina dell’articolo 3 sui trattamenti degradanti, la Corte EDU ricorda che nel caso di specie, riguardo le condizioni di “sovraffollamento ed igiene precaria”, è necessaria, affinché ci sia violazione, “un’interferenza superiore al livello di sofferenza inevitabile riguardo la detenzione”.
La Corte EDU oltre a ritenere sufficientemente motivate le affermazioni del ricorrente Györgypal circa la denuncia dell’art.3, porta all’attenzione una relazione dell’Ufficio del Commissario per i diritti umani risalente al settembre 2004, nella quale proprio le condizioni di detenzione all’interno del carcere Bucarest-Jilava risultano essere “allarmanti e sconcertanti”.
Per quanto riguarda invece la prigione di Miercurea Ciuc, sulla base dei dati forniti, detta Corte non può far altro che affermare con assoluta certezza che il ricorrente ha avuto uno “spazio individuale” di 1,79 mq e successivamente di 2,04 mq: una superficie “inferiore allo standard che è di 4 mq“.
Se a ciò si aggiunge il fatto che il sig. Györgypal ha vissuto in queste dure condizioni per due anni e nove mesi e tre settimane, per la Corte EDU non ci può non essere violazione dell’articolo 3 CEDU.
Per quanto riguarda invece la denuncia dell’art.6.3 CEDU in ragione di un’assistenza gratuita da parte di un interprete per le udienze, dal momento che secondo il Codice di Procedura Penale -art. 385.10- il ricorrente avrebbe dovuto presentare una richiesta scritta e non una orale, come invece ha fatto. Per questi motivi non c’è violazione dell’articolo 6.3 CEDU per mancato esaurimento dei ricorsi interni.
La Romania a causa della condizione di assoluto degrado in cui versano le carceri, dovrà risarcire 6150 euro, che ovviamente non attenueranno mai il disagio reale e quotidiano contro cui, da solo, il sig.Györgypal si è trovato a lottare per quasi tre anni.
La sentenza originale è reperibile qui: sentenza Györgypal c. Romania, 26 marzo 2013