Nel caso Isenc c. Francia , deciso lo scorso 4 febbraio, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato la responsabilità della Repubblica francese nella morte di un giovane detenuto, di ventiquattro anni, morto suicida nella prigione di Bordeaux-Gradignan dopo appena 15 giorni dalla sua reclusione . Il ricorso è firmato dal padre, turco, che agisce come vittima indiretta per rivendicare il diritto alla vita del figlio.
La Corte europea ha ritenuto responsabile la Francia per quella morte: le Autorità penitenziarie francesi infatti non avevano adottato alcuna misura per sorvegliare ed evitare quel suicidio, mancando ai loro obblighi positivi. E ciò, nonostante il G.I.P. che ne aveva disposto la detenzione del giovane avesse steso una nota, indirizzata proprio al direttore della struttura, nella quale informava delle sue tendenze autolesioniste e della necessità di tenerlo sotto osservazione. Il ragazzo, piuttosto, fu collocato nell’ala dei nuovi arrivi, in un cella con altri due prigionieri: dopo due settimane, appena entrambi i compagni di cella si allontanarono per le docce, il giovane detenuto si è impicato con un lenzuolo legato alle sbarre della cella. Il Governo francese ha cercato di escludere la propria responsabilità addossando le colpe all’equipe medica che aveva visitato il detenuto al momento del suo ingresso nella struttura: i medici nulla avevano segnalato, perciò gli agenti penitenziari nulla avevano fatto. Tuttavia, il Giudice europeo ha presto superato questa debole linea difensiva, spiegando che rientra nella giurisdizione nazionale accertare e riparare eventuali disfunsioni nel rapporto tra reparto medico e struttura penitenziaria e, quando ciò non accade nei giudizi interni, è lo Stato a doverne rispondere a Strasburgo.
La Corte europea ha così accertato al violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea, condannando la Francia a risarcire il padre della vittima della somma di 20.000 € a titolo di danno non patrimoniale e 6.588 € per costi e spese.