La Repubblica Democratica del Congo sta vivendo da anni una situazione drammatica. Una serie di guerre consumate negli anni hanno portato il paese ad un livello critico: la situazione umanitaria è preoccupante, la povertà si estende tra la popolazione civile, le rivolte sono sempre più violente. In questo delicato contesto alcuni soldati delle forze armate sono stati anche accusati di stupri e violenze, saccheggi e omicidi nei confronti della popolazione.
I FATTI – È ormai dalla crisi 1960 che il Congo vede susseguirsi una serie di guerre e conflitti interni sul proprio territorio, come quella dell’indipendenza e dal dominio coloniale belga. Ma la grande crisi politica del 1961-65, la c.d. Crisi del Congo , segnò profondamente il paese, causando una serie di conflitti e sommosse armate, alla quale seguirono le due guerre del Congo, in cui morirono milioni di civili: la fame, le malattie dilaniarono il paese e molti furono costretti a scappare. Anche dopo la fine del secondo conflitto, la situazione non migliorò.
E ancora oggi sono in corso diverse rivolte civili tra le molte etnie presenti sul territorio e il quadro congolese rimane ancora molto drammatico, nonostante ci siano tante forze internazionali attive al fine di ristabilire la pace.
Un rapporto dell’ONU, pubblicato questo mese, denuncia un avvenimento terrificante: nel novembre dello scorso anno le forze armate congolesi avrebbero violentato donne e bambine nella regione del sud Kivu.
I soldati entravano arbitrariamente nelle abitazioni civili, saccheggiando, minacciando, stuprando le donne e talvolta uccidendole. Il rapporto, redatto dall’Ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, riporta gravi violazioni dei diritti umani, rese ancora più aspre dalla sistematicità e dalla violenza con cui sono state commesse. Gli ufficiali, i comandanti e i soldati implicati in queste barbarie sarebbero stati ex ribelli, arruolati nell’esercito a causa della mancanza di controlli durante il reclutamento.
In particolare Navi Pillay, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha dichiarato che i responsabili di questi crimini saranno perseguiti penalmente, e ha esortato le autorità a lavorare maggiormente per garantire giustizia alle vittime.
FOCUS – Bosco Ntaganda è un militare congolese, capo di squadre militanti nella regione del Kivu, a cui sono stati imputati crimini di guerra, crimini contro l’umanità, come reclutamento di bambini soldato, omicidi, saccheggi, stupri, violenze sessuali, persecuzioni.
A causa della sua crudeltà è stato definito “signore della guerra” o “Terminator” ed è ricercato dal 2006 dalla Corte Penale Internazionale. Ma nel marzo del 2013 il leader ribelle si è consegnato volontariamente all’ambasciata americana di Kigali, chiedendo di essere portato dinanzi alla Corte Penale Internazionale.
E dopo essere stato processato, lo scorso anno, ha ricevuto una condanna di 14 anni di reclusione.
Simile a questo è il caso di Thomas Lubanga Dyilo, un altro militare accusato di crimini di guerra in Congo, tra cui l’arruolamento di bambini-soldato nel gruppo di Ntaganda.
È evidente che in Congo la situazione è talmente drammatica che è necessario un intervento immediato ed efficace da parte delle più influenti organizzazione internazionali, per mettere fine ad una guerra che continua da mezzo secolo.
Uno Stato che è stato martoriato dai conflitti tra diverse etnie, interessate ad impossessarsi delle risorse del sottosuolo, che hanno sterminato e gettato nella povertà un’intera popolazione. La violenza, la mancanza di umanità, la crudeltà … a pagare tutto ciò sono solo i civili! Molti dei quali sono costretti ad abbandonare la propria casa, in cerca di qualcosa di migliore, di un’opportunità o semplicemente per scappare da una quotidianità troppo crudele.